LUDOVICO GUARNERI, La formula di René Caisse. Un rimedio per difendersi dal cancro e dalle malattie degenerative, nuova edizione Anima edizioni, 2016
€ 12,00
Lo scopo di questo libro è aiutare le persone cui vengono diagnosticati un cancro o una malattia degenerativa a trovare la luce in fondo al tunnel nel quale sembra loro di essere finiti.
Alla storia di un rimedio erboristico queste pagine affiancano informazioni su altri metodi e sui diritti dei malati, e consigli per affrontare una tappa difficile della propria vita diventando protagonisti della guarigione e non semplici comparse.
Descrizione
In questa nuova edizione rivista e ampliata, la storia di una tisana di erbe degli indiani d’America che ha guarito migliaia di persone dal cancro raccontata dal primo italiano che ne ha tratto beneficio.
Questa è la storia di una miscela di erbe degli indiani d’Amorica Ojibwa che fu regalata ad una donna sofferente di cancro al seno, i primi anni di questa secolo.
Nel 1922 la donna passò la ricetta ad un infermiera Canadese, Rene Caisse. L’infermiera curò il cancro di migliaia di persone fino al 1978, anno in cui morì. La ricetta è stata al centro di processi, dibattiti e votazioni parlamentari, esaminazioni cliniche da parte dei migliori ospedali Americani e Canadesi. Il dott. Brusch, medico personale di J.F. Kennedy, la usò per 30 anni nella sua clinica e dichiarò pubblicamente: “I risultati ottenuti su pazienti di etnie, età e sessi diversi. Affetti da tutti i tipi di cancro dimostrano senza dubbio che la formula è una terapia contro il cancro. Inoltre studi effettuati in laboratorio negli USA ed in Canada rafforzano questa certezza”.
ìL’autore, ammalatosi di cancro nel 1995, ha potuto personalmente apprezzare le qualità della tisana e da allora ha passato parola a centinaia di malati raccogliendone poi le testimonianze positive.
INTRODUZIONE – LA FORMULA DI RENÉ CAISSE – LIBRO DI LUDOVICO GUARNERI: estratto dal libro di Ludovico Guarneri “La Formula di René Caisse”
Ogni giorno, domeniche e festività incluse, a circa 1000 persone in Italia viene diagnosticato un cancro. Significa 360 mila all’anno. Nell’arco di 60 anni si ammalano di cancro 22 milioni di italiani. La popolazione ammonta a circa 66 milioni di individui, dunque una persona su tre, nell’arco di una vita, avrà una diagnosi di cancro. Molte di queste sono meno gravi di altre, allo stato iniziale o facilmente operabili oppure semplici basaliomi cutanei, o ancora tumori individuati precocemente grazie a circostanze fortuite o a controlli effettuati con strumenti diagnostici sempre più sofisticati.
Resta il numero altissimo di 360 mila casi. Sono numeri degni di un’epidemia. Il cancro uccide in Italia 150 mila persone all’anno.
Il costo per la società è altissimo, decine di miliardi in cure, operazioni, radioterapie e chemioterapie dispendiosissime. Gli esami radiologici si aggirano spesso oltre i mille euro e per singole applicazioni di farmaci, come gli anticorpi monoclonali, la Sanità pubblica spende fino a 3 o 4 mila euro.
Nonostante questi dati allarmanti, ufficiali, di cancro si parla poco. Troppo poco.
I fondi stanziati dallo Stato per la ricerca di una cura sono ridicoli se confrontati al costo sociale della malattia.
Per aiutare la ricerca viene chiesto a noi cittadini di fare l’elemosina, comprare le azalee, i ciclamini, le uova di Pasqua contro il cancro. Dobbiamo sopperire con la nostra generosità a uno Stato carente di una politica che affidi la ricerca a organismi indipendenti senza fini di lucro come i (troppo pochi) centri di ricerca statali in Italia. In realtà la ricerca è quasi totalmente nelle mani delle case farmaceutiche che non hanno come statuto e ragione sociale la scoperta della cura ma il conseguimento del profitto.
Nel frattempo la popolazione è poco e male informata. Trasmissioni televisive con spettacoli per la raccolta di fondi magnificano scoperte che esistono solo sulla carta e professori di fama internazionale (che nessuno conosce fuori dai nostri confini) ci promettono che siamo a un passo dalla cura.
In questi vent’anni dal giorno in cui ricevetti la diagnosi ho ascoltato tutti questi annunci trionfali cui è seguito ben poco di concretamente applicabile.
Nel maggio del 2015 è stato consegnato a Parigi il Léopold Griffuel, il premio più prestigioso in Europa per la ricerca sul cancro. Il vincitore è un ematologo umbro quasi sconosciuto al grande pubblico: il professor Brunangelo Falini.
A parte i giornali locali, pochissimi quotidiani o telegiornali nazionali hanno dato spazio alla notizia che invece ha fatto scalpore nel mondo scientifico internazionale.
“«Il riconoscimento è legato alla scoperta di due lesioni genetiche, due mutazioni che sono la causa della leucemia acuta mieloide e della leucemia a cellule capellute», ha spiegato il professor Falini indicando le motivazioni che gli hanno consentito di ottenere il prestigioso premio. L’importanza di questa ricerca di base, già tradotta in attività clinica, è mirata a migliorare la diagnosi e la terapia dei pazienti. Il premio in denaro, che ammonta a 150 mila euro, verrà in gran parte utilizzato (almeno 125 mila euro) per lo sviluppo di nuovi farmaci antileucemici e per individuare anche vecchi farmaci, che possono essere utilmente impiegati per il trattamento di particolari sottotipi di leucemie acute”
(Quotidiano Sanità, 12 maggio 2015).
Non se ne è parlato per molte ragioni.
La prima è che il professor Falini ha scoperto una lesione genetica e non la cura per il cancro, ed è difficile spiegare al grande pubblico che, visto che “siamo a un passo dalla scoperta della cura”, si dà il premio numero uno a chi ha trovato due o tre pezzi del complicatissimo puzzle che è la ricerca per la cura del cancro.
La seconda è che il professor Falini per le sue ricerche ha utilizzato denaro proveniente da pubbliche donazioni all’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), mentre non ha percepito quasi niente dallo Stato e niente dalle case farmaceutiche.
La terza è che il professore è persona onesta e per niente trionfalista, cosa che dà fastidio ai suoi colleghi che amano mostrarsi in TV vantando successi straordinari basati su un’interpretazione ottimistica dei dati statistici.
La quarta ragione è nascosta nelle parole “individuare vecchi farmaci”, quelli che non hanno più la patente che consente alle case farmaceutiche di venderli a prezzi esorbitanti al Servizio Sanitario Nazionale.
Nel frattempo per le terapie complementari come l’omeopatia, la medicina tradizionale orientale, la fitoterapia, si continua a parlare con accento dispregiativo di effetto placebo.
Il placebo contro il quale la scienza confronta le nuove medicine chimiche nelle sperimentazioni a doppio cieco, e contro il quale spesso queste risultano meno efficaci. Perché, mi domando, si dovrebbe disprezzare l’effetto placebo se molti pazienti ricavano ottimi risultati? Per tenere alto il nome di una scienza medica moderna che in realtà è ancora primitiva?
Il cosiddetto effetto placebo funziona, ma ancora se ne ignora il perché.
La Germania ha stanziato negli ultimi anni 5 milioni e 200 mila euro a un’équipe di medici dell’Uniklinik di Essen per studiare l’effetto placebo e il suo utilizzo negli spazi ospedalieri. I risultati sono sorprendenti e le scienze neurologiche si stanno sempre più orientando allo studio dell’interazione corpo-mente. Gli studi finanziati così lautamente hanno dimostrato che l’effetto placebo provocato da un medico attento ai sintomi e ai bisogni del paziente ha un’incidenza sulla buona riuscita di una terapia di almeno un 30% in più. Perfino la morfina iniettata assieme alle parole ”Adesso il dolore passerà” ha un effetto superiore del 30% rispetto alla stessa dose inoculata in silenzio.
In Italia il libro di Fabrizio Benedetti L’effetto placebo. Breve viaggio tra mente e corpo, sempre più citato negli articoli di medicina, è un trattato scientifico in cui un neurologo spiega questo “fenomeno biologico che avviene nel cervello del paziente e che ci fa capire come funziona la nostra mente, e come elementi mentali complessi sono in grado di influenzare il nostro corpo”, affermando che “l’effetto placebo è dunque una finestra sull’interazione mente-cervello-corpo”.
In realtà con le parole effetto placebo definiamo un meccanismo ancora sconosciuto che provoca negli uomini e nelle donne la guarigione dalla malattia.
Se allora le medicine complementari sono capaci di scatenare l’effetto placebo, perché la medicina moderna le disprezza e le osteggia?
Questo pregiudizio presto crollerà come sta crollando la stupida idea che il cibo non abbia alcuna influenza sulla salute delle persone. Sempre meno oncologi dicono ai pazienti “Mangi quello che vuole”.
Gli studi del professor Franco Berrino dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano dimostrano che una sana alimentazione incide, e non poco, sulle recidive del cancro, e che zuccheri e farina bianca sono veri e propri veleni spesso causa delle più comuni malattie.
Il fatto è che la medicina, come tanti campi dello scibile umano, è potere concentrato nelle mani di pochi che ne sfruttano i vantaggi economici, a discapito dei molti, e questi pochi non ammettono che si eroda il loro monopolio nonostante dissemini morti e sofferenze inaudite.
In questi anni molte cose sono cambiate, sono stati aperti reparti di medicina complementare in alcuni ospedali, per esempio in settentrione a Merano e in centro Italia a Pitigliano.
L’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha ufficializzato il gruppo Me.Te.C.O. − acronimo di Medicine e Terapie Complementari in Oncologia − che organizza congressi di medicina non convenzionale nella storica sede di via Venezian a Milano, anche se i medici che ne fanno parte non possono esercitare all’interno della struttura.
È un passo avanti, piccolo ma significativo.
Sicuramente esistono in tutta Italia altre realtà all’interno di ospedali che io non conosco e che vanno in quella direzione della medicina complementare il cui unico scopo è aiutare il paziente e non il fregiarsi di medaglie e riconoscimenti.
Sono stati fatti pochi passi nella medicina preventiva, a parte i controlli di massa, con le campagne contro il tumore al seno, al colon e alla prostata. Ho sperimentato personalmente l’assurdità di certe campagne di prevenzione contro il cancro.
In quanto ex malato di cancro devo sottopormi ogni anno a un esame di controllo. Quando nel mese di aprile ho provato a prenotare presso il CUP della mia regione una risonanza magnetica (RM) a tutto il corpo, l’operatore del centralino mi ha risposto che non era disponibile nessuna data certa. Alla mia domanda “Vuole dire che non può prenotarmi una RM entro l’anno?” ha risposto “Non ho una data da darLe, posso metterLa in lista di attesa”.
Riceviamo ogni anno inviti a prevenire il cancro e così farci spingere tubi su per l’intestino, lasciarci schiacciare il seno, infilare dita in parti del corpo delicate, fare esami del sangue, e invece chi il cancro l’ha già avuto e deve farsi controllare ogni anno non ha una data certa?
Ma che Sanità pubblica e gratuita è quella che non garantisce all’ex malato di cancro il diritto al controllo?
Ci vorrebbe un libro intero per elencare i difetti della Sanità Pubblica, gli sprechi e le ingiustizie ai danni del malato. Sintetizzo dicendo che chi ha i soldi spesso si rivolge al privato.
La stessa RM senza data certa era però disponibile in tre giorni al costo di 700 euro presso la Libera Professione.
Tantomeno si vede all’orizzonte l’idea di una campagna di sensibilizzazione alle buone abitudini, come mangiare sano, muoversi o fare sport, evitare i cibi spazzatura cancerogeni e pieni di ormoni oltre che di zucchero e oli di dubbia provenienza, che per essere prodotti arrecano anche gravi danni all’ambiente.
Questo libro, che è stato aggiornato e riedito otto volte e letto da migliaia di persone, non pretende di indicare la via per la guarigione ma semplicemente di aiutare chi è malato di cancro o di una malattia degenerativa a trovare la strada verso la guarigione.
La cura per il cancro non è stata ancora scoperta ma c’è gente che guarisce sorprendentemente, e ognuna di queste persone ha trovato un rimedio o un metodo cui riconosce il merito di questa guarigione. Io lo attribuisco in maggior misura a una tisana di erbe che ho cominciato a usare pochi mesi dopo avere ricevuto la diagnosi di linfoma, nel 1995.
Ho smesso perfino di chiedermi a quali patologie Caisse Formula possa essere di aiuto, Ormai consiglio di provarla per tre mesi e, se ci si trova bene, di continuare a usarla a oltranza, riducendo e aumentando le dosi secondo il criterio dettato dalle esigenze di ciascuno. Non è una panacea e sicuramente non funziona con tutti, ma mi sono convinto con il passare degli anni, ascoltando e leggendo le testimonianze delle persone, che veramente questa tisana “riporta in armonia col grande spirito” quel quid dentro di noi che ci mantiene in salute.
Il meccanismo mi è sconosciuto, come ancora è sconosciuto alla scienza gran parte del meccanismo della malattia e della guarigione dell’essere umano. Credo che Caisse Formula funzioni perché mette in moto dei neurotrasmettitori cellulari che comunicano al corpo ammalato delle informazioni utili alla guarigione. In parole più semplici mettono in moto dei meccanismi del cervello che fanno sì che il corpo si liberi dalla malattia o ne attenui la violenza. Effetto placebo? Sì, nel significato virtuoso di cui parla il libro di Benedetti che ho citato sopra.
Molti malati mi fanno sapere che da quando assumono la tisana si sentono di buon umore e più ottimisti, e molte persone affette da depressione la usano con soddisfazione.
La malattia ha un processo misterioso. Spesso è frutto di agenti esterni come gli inquinanti che avvelenano la nostra società o di brutte abitudini come la cattiva alimentazione, il tabagismo o una vita sregolata, ma spesso è legata a un malessere interiore, intimo, che non riusciamo a individuare. Il malessere dello spirito passa alla mente, che costruisce nel corpo un processo patologico reversibile solo con cure mediche.
La medicina moderna, tecnologica, ha prodotto medici sempre più lontani dal paziente che usano strumenti robotizzati, lastre, TAC, PET, ecografie, che guardano dentro microscopi sempre più sofisticati per individuare la malattia scordandosi completamente dell’oggetto della loro arte: l’uomo. L’uomo malato, che spesso nasconde le cause della propria malattia in un problema umano o familiare e che riceve una prescrizione senza essere stato auscultato, palpato e soprattutto… ascoltato.
Caisse Formula è un prodotto olistico, che agisce sull’individuo nella sua totalità comprensiva di corpo, mente e di qualcosa che taluni chiamano anima e altri spirito e che altri ancora non riescono a definire. Spesso il medico o il naturopata che la consigliano hanno maturato quella compassione, necessaria a favorire la guarigione, che molti terapeuti moderni hanno dimenticato.
Molte associazioni di malati o di infermieri chiedono più umanità, e una medicina a misura d’uomo.
La coscienza dei malati è cresciuta in questi anni e molti hanno imparato a non affidarsi totalmente alle cure del medico senza aver prima sentito altri pareri.
Come ho scritto poc’anzi, nelle regioni italiane più avanzate e civili si aprono reparti di medicina complementare per aiutare i pazienti che vogliono completare il loro processo di cura con medicine e tecniche naturali.
È un mondo totalmente nuovo che ci si offre. Ci fa sperare in un futuro con meno privilegi a favore di caste e corporazioni. Un futuro dove diventerà primario ospedaliero il medico più bravo e non il più disposto a favorire gli interessi di un partito piuttosto che di un altro. Un futuro già presente dove internet permette di accedere a un’illimitata fonte di informazioni, che però spesso non sono verificabili. Dunque attenzione anche voi, malati cibernetici, accertate la veridicità di certe affermazioni prima di assumere un prodotto curativo.
Spero che la lettura di questo libro vi aiuti anche a prendere coscienza della legge elementare che domina il nostro pianeta: siamo tutti malati di mortalità, siamo tutti esseri a termine, e l’unica vera ricchezza che potremo portare con noi quando la vita ci abbandonerà è l’amore.
Ludovico Guarneri
Ludovico Guarneri ha 57 anni ed è felicemente sposato con Margherita da 12. Ha scritto per Anima edizioni La cosa più stupefacente al mondo e La formula di Rene Caisse. Vive la maggior parte della sua vita in Toscana, fra la città di Firenze e la campagna limitrofa. È spesso in viaggio fra l’Europa e il resto del mondo.
Ogni settimana partecipa aduna trasmissione radiofonica come “malato esperto” a CONTRORADIO di Firenze. Ha scritto articoli per varie riviste sulla medicina vista dagli occhi del malato. È distributore in Europa di un prodotto erboristico creato dalla tradizione degli indiani d’America. È fautore della medicina integrata.
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